Traduzione di prof. Mihaela Udrescu
Signori Veneziani,
O, Venezia, bella Venezia, “città unica che ami in tutto un altro
modo da come ami qualsiasi altra città del mondo, anche quella in
cui sei nato, e in cui avresti trovato la vocazione e il senso della
vita”, come diceva N. Iorga, chi è quello che non sussulta
vedendoti ancora così fresca, così bella e aristocratica?!
E voi, Veneziani, che avete attraversato con le vostre navi come dei
placidi cigni nel sogno, caricati con delle sete di Cina, con dei
tappeti persiani di Buhara, con delle stoffe care e fine, lavorate
con filo d’oro, correndo allegro sui dei molli velluti, con del
broccato e del zafferano, con del pimento e con delle spezie della
misteriosa India, con delle campane e delle spade lunghe, di Damasco,
arrivando sul litorale del Mar Nero e facendo del negozio con i
moldavi e con i tartari di Crâm (Crimeea) a Chilia Veche e Cetatea
Alba, vicini ai vostri fratelli, i genovesi, anche dal 1200 dopo
Cristo avete fatto si che il vostro denaro d’argento e d’oro sia
utilizzato anche dal fondatore del Paese Romeno, Basarab il Grande
(1310 – 1352), figlio di Tihomir.
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